A cura di: Lorenzo Degrassi
Ieri, giovedì 2 giugno, l’Italia ha festeggiato la festa della Repubblica. Il 2 e 3 giugno di 70 anni fa, infatti, gli italiani hanno scelto tramite referendum la forma istituzionale dello Stato, Repubblica o Monarchia.
La decisione di un referendum popolare era stata promossa nel giugno 1944, poco dopo la liberazione di Roma, al momento dell’assunzione dei poteri luogotenenziali di Umberto II, e confermata nel marzo del 1946 dal governo De Gasperi. Più che lecito il dubitare della legittimità per casa Savoia di rimanere ai vertici istituzionali dello Stato dopo aver consentito l’ascesa del fascismo, la promulgazione delle leggi razziali, l’entrata in guerra nel 1940 e dopo essersi macchiata della vergogna della fuga a Brindisi dopo l’8 settembre 1943. Ciò non toglie che su questo referendum, e soprattutto sul suo risultato, gravano tuttora dei dubbi di legalità non indifferenti.
ELETTORI DI SERIE A E DI SERIE B
Innanzitutto bisogna ricordare come dalla votazione furono escluse porzioni di territorio facenti (ancora) parte dello Stato italiano, quali la provincia di Bolzano e tutta la Venezia Giulia, all’epoca divisa fra reggenza angloamericana e jugoslava, ma che fino all’entrata in vigore del trattato di pace, il 15 settembre 1947, era da considerarsi territorio italiano. All’epoca si disse che queste terre, o quelle che sarebbero rimaste di pertinenza all’Italia, avrebbero votato “più avanti”, formula generica per sottintendere che ormai il dado era tratto. Curiosamente, altresì, votarono per la forma dello Stato territori come Briga e Tenda che un anno dopo furono ceduti alla Francia.
CERTIFICATI ELETTORALI A CASO
L’Italia era una democrazia ancora in fase embrionale, certo, e a parte le elezioni amministrative del marzo 1946, la dimestichezza con l’apparato elettorale era stata spezzata da più di vent’anni in cui non si era votato. Oltre a ciò, la prima volta al voto per le donne aveva di colpo raddoppiato il numero dei votanti. Motivi questi che però non bastano a giustificare la leggerezza con la quale furono distribuiti i certificati elettorali. Allo stesso re Umberto II ne furono consegnati due, e non furono rari i casi di gente che se ne vide recapitato più d’uno, in alcuni casi fino a quattro. Difficile dire quanti casi del genere si contarono.
PRIMO MISTERO DELLA REPUBBLICA
La storia dell’Italia repubblicana è disseminata di misteri mai risolti o dei quali non si è mai riusciti a scoprire la verità, valgano per tutte la strage alla stazione di Bologna del 1980, o il tentato golpe Borghese del 1970, o Ustica… La lista è lunga. Ma se il primo mistero della Repubblica fosse proprio… la sua nascita?
La sera del 4 giugno, a 36 ore dalla chiusura delle urne, i dati sembravano talmente inequivocabili a favore della Monarchia che De Gasperi si affrettò a comunicare al ministro della Real Casa Lucifero che la stessa era in vantaggio sulla Repubblica e che difficilmente il vantaggio sarebbe stato colmato.
Il 10 giugno si tenne un drammatico Consiglio dei Ministri durante il quale alcuni componenti chiesero di verificare bene i risultati perché molti italiani denunciavano di non aver potuto votare e di essere stati allontanati dai seggi perché evidentemente “qualcun altro aveva già votato al loro posto”. Alla fine si decise di non tenere conto dei 31.000 voti contestati su 35.000 seggi e di considerare la percentuale dei sì e dei no sulla base dei voti validi e non dei votanti come invece diceva la legge, fattore che, se rispettato, avrebbe fatto scendere lo scarto fra Repubblica e Monarchia da più di 2 milioni a soli 250mila voti, una differenza talmente risicata che avrebbe giustificato eventuali ricorsi. Nei giorni successivi, a Napoli e in altre parti dell’Italia meridionale si ebbero degli scontri di piazza che portarono addirittura ad alcuni morti. Questi fatti scoraggiarono il Re Umberto a impugnare il risultato, nel timore di conseguenze peggiori, e lo convinsero a partire per l’esilio che, gli era stato promesso, avrebbe dovuto essere temporaneo e che invece durò per sempre. Ben 114.000 voti di quel referendum scomparvero, tante piccole irregolarità caratterizzarono una consultazione che aveva la necessità per molti motivi di essere convogliata in un certo modo.
Così nacque la Repubblica Italiana, senza peraltro una proclamazione ufficiale, ma in conformità ad una decisione a metà fra la Corte di Cassazione e quella di un Consiglio dei Ministri.